Donare il cordone ombelicale è una scelta d’amore

Donare il cordone ombelicale è una scelta d’amore

Forse non lo sai, oppure ne hai sentito parlare ma non ti sei mai informata/o fino in fondo: il cordone ombelicale contiene delle cellule preziosissime, ed è possibile donarlo.

Se sei incinta, se pensi di volere un figlio o se conosci qualche futuro genitore, contribuisci a diffondere questa possibilità che può salvare una vita.

In un articolo di qualche tempo fa sulla mia esperienza nell’ospedale di Mantova durante il parto, avevo fatto un accenno a questo argomento.

Ho voluto metterlo in evidenza dopo aver parlato con un’amica incinta, che non donerà il cordone del suo bambino perché qualcuno le ha detto che può rappresentare un rischio per il neonato.

Un’informazione non vera: non esistono rischi. Esiste solo una scelta di cuore a costo zero.

Una scelta che io ho fatto e che qualunque genitore, se mamma e bimbo stanno bene, può fare. Sarà bellissimo poter raccontare ai propri figli questo atto di amore e altruismo all’istante della loro nascita.

Perché donare il cordone ombelicale

Il trapianto di cellule staminali emopoietiche raccolte dal midollo osseo, dal sangue periferico e dal sangue del cordone ombelicale, rappresenta oggi l’unica terapia salvavita di successo per curare numerose malattie del sangue.

È possibile donare il sangue cordonale al termine del parto, dopo che il cordone ombelicale del bambino è stato reciso. Nei vasi cordonali rimane un po’ di sangue generalmente considerato prodotto di scarto. Questo sangue è invece ricco di cellule staminali che possono essere utilizzate per il trapianto di pazienti con leucemia o altre gravi malattie del sangue.

Se viene raccolto, la banca del sangue cordonale lo conserva per anni, restando a disposizione per le persone che necessitano di trapianto. Si può chiedere di donare volontariamente e gratuitamente il sangue cordonale.

È una scelta libera, personale e volontaria, che non comporta rischi né per la donna né per il bambino.

Cosa fare per donare il cordone

  • Se abiti in provincia di Mantova, per farlo è sufficiente contattare l’associazione Abeo di Mantova e prendere appuntamento intorno alle 36/38 settimane di gravidanza per un colloquio con la biologa.

Una volta preso appuntamento, basterà dedicare circa un’ora del proprio tempo per compilare dei documenti e rispondere ad alcune domande, che servono per accertare uno stato di salute idoneo di mamma e bambino.

  • Se risiedi in un’altra città/provincia, puoi fare riferimento all’ospedale del tuo territorio per chiedere informazioni, oppure contattare l’associazione di volontariato più vicina a te che si occupi del dono (come Admo o Avis).

Poco tempo per fare una cosa grande.

Abeo Donazione

È il programma di Abeo Mantova che si occupa di informare e sensibilizzare la cittadinanza sull’importanza e sul valore della donazione di cellule staminali.
Il trapianto di cellule staminali emopoietiche raccolte dal midollo osseo, dal sangue periferico e dal sangue del cordone ombelicale, rappresenta oggi l’unica terapia salvavita di successo per curare numerose malattie del sangue.

La probabilità di trovare un donatore compatibile è molto bassa: 25% tra fratelli, solo 1 su 100.000 tra non consanguinei. Ogni anno in Italia si contano 1.500 malati di leucemia e il 70% di questi sono giovani e bambini. Nella maggior parte dei casi, trovare un donatore compatibile è l’unica speranza di guarigione: ogni anno muoiono 100 bambini malati di leucemia, proprio perché non trovano un donatore.

Se ad essere malata fosse una persona a te cara, vorresti senza dubbio che tutte le mamme del mondo donassero il sangue cordonale dei propri bimbi.

“Mamma…e adesso?”. Scrivimi per raccontare la tua esperienza. 

Elena Caracciolo giornalista ufficio stampa consulente comunicazione gestione social e siti Mantova Elena Caracciolo – Sono giornalista pubblicista, freelance, mi occupo di comunicazione ed uffici stampa per privati, enti pubblici, aziende e associazioni di volontariato, dalla consulenza alla strategia, gestisco siti web e social e sono ideatrice di progetti rivolti a donne e mamme. 

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Toxoplasmosi e gravidanza. Come sopravvivere (soprattutto agli esseri umani) quando hai un gatto

Toxoplasmosi e gravidanza. Come sopravvivere (soprattutto agli esseri umani) quando hai un gatto

C’è una parola, o meglio dire una minaccia, che ogni donna sente pronunciare appena rimane incinta. Toxoplasmosi.

Come sopravvivere quando si abita con un gatto? No, non solo come sopravvivere al micio, ma in particolare agli esseri umani che ti diranno che devi liberarti dell’animale. Il felino che ami di più al mondo.

Qui sotto trovate una selezione di risposte severe ma giuste, da usare a piacimento. E qualche indicazione pratica.

Facciamo però un passo indietro. Toxoplasmosi. Dodici lettere che non avevi considerato nella tua vita, finché non ti ritrovi a chiederti se sei immune oppure no.

Per scoprirlo c’è un semplice esame del sangue da fare, uno dei primi del lungo lunghissimo elenco che ti aspetta durante i nove mesi.

Se il risultato è positivo, ovvero se hai la fortuna di aver già fatto i conti con il batterio (di solito nessuno se ne accorge, a meno che non vengano fatte le analisi specifiche per verificarlo), allora tutto a posto. Almeno per questa singola potenziale preoccupazione.

La Toxoplasmosi, per gli amici toxo, senza voler entrare nello specifico e invadere competenze mediche è una malattia provocata dall’infezione di un parassita, trasmettibile all’uomo attraverso animali come i gatti, il cibo, i vegetali contaminati.

Bene. Se il risultato è quindi negativo, ovvero non sei immune e c’è il rischio che tu possa prenderti la toxo durante la gravidanza, ecco che dovrai ripetere gli esami ogni mese e l’ansia sarà la tua amica quotidiana.

Va beh, è chiaro che l’ansia non ti abbandonerà in ogni caso finché non avrai la totale certezza che la tua creatura stia bene e sia in salute e che tu abbia fatto di tutto per proteggerla. Insomma, fino a che non avrà almeno diciottoventanni.

Dicevo…? Sì, tra le mille angosce giornaliere ci sarà quella che riguarda la toxo.

Gli affettati e qualunque genere di carne cruda saranno banditi nella stessa misura in cui Robin Hood venne allontanato dal Regno di Nottingham.

Stessa sorte toccherà ai vegetali crudi. Off limits, a meno che non siano prima stati lavati con Amuchina. Procedura che richiede di essere a casa propria, una buona dose di tempo (in base alle istruzioni, il vegetale deve stare a bagno circa mezz’ora) e la speranza di non procurarsi un principio di avvelenamento. Arrivata alla fine dei nove mesi, io credo di essere fatta per l’80% di Amuchina.

Perché quando ti illustrano i danni che la toxo può procurare all’esserino che ti stai impegnando con tutta te stessa a portare al mondo, non sei mai abbastanza sicura di aver lavato la verdura a sufficienza. Oppure di mangiare carne abbastanza cotta. Risultato: al ristorante blocchi il cameriere con un terzo grado nemmeno fossi diventata un’allieva di Quantico in missione.

Veniamo ai gatti. La realtà, almeno in base a quanto detto dai medici che ho consultato, è che sia maggiore la probabilità di prendere la toxo da un’insalata appena raccolta dalla terra dell’orto del nonno (beato chi ha un nonno con l’orto) che dalla convivenza con un gatto. Se il gatto non esce, la possibilità si assottiglia quasi allo zero. Se il gatto se ne va in giro, è comunque una eventualità non così frequente.

Per quanto tu, ad esempio io, possa essere dieciquindici anni che stai a contatto (stretto contatto) con il felino domestico, e per quanto una volta saputo di essere incinta e non immune tu possa aver preso tutte le precauzioni possibili (pulire la lettiera con guanti, procurarti salviette per il pelo, no baci), troverai sempre qualche persona che se ne uscirà con un parere assolutamente non richiesto.

Per te è una sofferenza trattenerti dall’affogare la faccia e i dispiaceri della giornata nella morbida, calda, accogliente pelliccia dell’animale tutto fusa. Lo è anche evitare che zampetti nella zona del tuo cuscino, resistendo a quegli occhioni che sembrano chiederti “Umana scusa, perché mi stai facendo questo? Dormivamo appiccicati fino a ieri, tu ed io”.

Avere poi a che fare con chi parla senza sapere è veramente troppo per il tuo sistema nervoso già compromesso.

Le frasi (storie di vita vissuta) che potresti sentirti dire se hai un gatto e aspetti un figlio… E qualche ottimo spunto di risposta

“Forse dovresti liberarti del gatto” Forse dovrei liberami di te.

“Sei sicura che non sia meglio tenerlo sempre fuori casa ora, vista la situazione?” In realtà mi chiedo perché ho fatto entrare te, in casa.

“Adesso che sei incinta lo lavi bene prima di toccarlo, giusto?” Certo, un po’ di Amuchina sui pomodori, un po’ sul pelo del micio e via.

“Magari non è stata una cosa saggia prendere un gatto se poi sapevi di volere figli” Tralasciando che il gatto ce l’ho da quando avevo diciassette anni, magari non è una cosa saggia stare qui a parlare con te.

“Oddio ma adesso che nasce la bambina come farai per il contatto con il gatto?” Guarda, la fortuna è che mia figlia non dovrà avere contatti con te.

“Conoscevo una con un gatto ed un bimbo piccolo, e il gatto ha cercato consapevolmente più volte di soffocare il bambino” Beh è risaputo che i piccoli felini siano spietati serial killer mandati per sterminare la razza umana, è normale inizino dai neonati. Comunque stai attento, perché il mio gatto ti sta fissando.

Alcune indicazioni pratiche che ho seguito come prevenzione alla Toxoplasmosi

Non baciare il gatto

Usare dei guanti (vanno bene in lattice) per pulire la lettiera

Evitare di far dormire il gatto molto vicino al mio cuscino del letto

Lavare bene e spesso le mani

Lavare con Amuchina ogni genere di verdura, se da magiare cruda

Lavare con Amuchina la frutta da mangiare con la buccia

Non mangiare fuori casa frutta o verdura cruda

Cuocere molto bene la carne, meglio troppo cotta che forse non abbastanza

Non mangiare affettati, concessi solo quelli cotti ad esempio sulla pizza una volta ogni tanto

 

“Mamma…e adesso?”. Scrivimi per raccontare la tua esperienza.