Il percorso ad ostacoli tra il (non) poter conciliare il lavoro con l’avere figli: parla una mamma avvocato di Mantova
Da quando ho deciso di iniziare a raccogliere le testimonianze di quelle donne che si sono trovate in difficoltà nel riuscire a conciliare il proprio lavoro con il crescere dei figli, mi è stato subito chiaro che non importa quale mestiere tu faccia.
Se sei donna e madre, almeno una volta nella vita hai probabilmente dovuto scontrarti con una realtà che non ti tutela a sufficienza.
Certo, le eccezioni ci sono e spero di poter riportare anche esperienze positive perché siano di esempio, di spunto e soprattutto per non perdere le speranze. Nel frattempo però si può considerare che, in percentuale, queste siano l’equivalente delle macchine di colore giallo che vedevi passare da bambino quando il gioco era “Vince chi vede per primo una macchina gialla”. Invece passavano solo quelle nere e grigie.
Del resto non è forse vero che quando un’azienda, un ufficio, un’attività privata, un ente pubblico, assume una donna incinta, rinnova un contratto durante una maternità, oppure sposa delle esemplari politiche di conciliazione famiglia-lavoro, la questione diventa una notizia raccogliendo ammirazione e stupore? Ecco, il punto è proprio questo.
Tra le mamme di Mantova, la mia città, che mi hanno chiesto di dare loro voce c’è un avvocato. Qui sotto pubblico la sua testimonianza. Lei fa una richiesta precisa: regolamentare maggiormente gli orari delle udienze.
L’obiettivo è sempre uno ed è la sensibilizzazione. Se anche una sola persona rifletterà su tutto questo non sarà certo stato tempo sprecato.
LA TESTIMONIANZA
“Sono un avvocato e durante l’ennesima udienza penale nella quale ero stata convocata per le 9,00, dato che stavo aspettando il mio turno (spesso veniamo tutti convocati alle 9,00 con la conseguenza che poi si formano tempi di attesa interminabili), ho espresso, per l’ennesima volta, la mia preoccupazione per il fatto che fosse quasi mezzogiorno e con tutta probabilità non avrei fatto in tempo ad andare a prendere i miei figli all’uscita da scuola alle 13.
Mi è stato risposto: “Manda una segnalazione tramite mail alla Camera penale e poi vediamo”.
Ho mandato la mail, così come ha fatto un’altra collega nelle mie condizioni, chiedendo che venissero regolamentati gli orari delle udienze in modo più razionale.
Risultato? Nessuno.
Nessuna risposta, segnalazione totalmente ignorata.
Di lì a qualche mese, ad un convegno ho sentito dire dalla relatrice di turno che le madri avvocato devono sapersi organizzare coi figli in modo da poter restare in udienza senza patemi. Voilà. Capito? Poi provaci, tu, a insistere sul fatto di dover fare i salti mortali per lavorare ed essere una madre presente. Io ho abbassato la testa e non ne ho più parlato con nessuno dei “piani alti”.
Ho chiesto a questa mamma di provare a riassumere la sua giornata tipo, nonostante si parli di una professione con imprevisti quotidiani, per poter dare un’idea più chiara delle difficoltà. Oltre al costante senso di precarietà in cui vive una madre lavoratrice, obbligata a fare affidamento sulla disponibilità di terzi che, comprensibilmente, possono non garantire di esserci sempre.
Mary Poppins non esiste e bisogna farci i conti.
“In verità non c’è una regola, anzi…Però potrei provare a sintetizzare come segue: ore 8,00 accompagno i miei figli a scuola, passo la mattina in ufficio o in tribunale (per udienze e/o mansioni di cancelleria). Rientro per le 12,45 per prelevare i figli a scuola e preparare il pranzo. Trascorro il primo pomeriggio a sistemare gli zaini (libri, quaderni, merenda, abbigliamento eventuale per attività motoria…), e il pomeriggio fino alle 16,00 circa è dedicato al controllo compiti, dopodiché sono in ufficio fino alle 19,00/20,00 (nei pomeriggi – due – in cui stanno col papà, – uno – in cui stanno con la baby-sitter), oppure lavoro a casa. La sera può capitare che debba lavorare. In questo caso procedo, dopo aver messo a letto i figli (verso le 21,30). Nei casi di imprevisto mi appoggio a mia mamma (attualmente ko), alla baby-sitter (praticamente una zia acquisita, tanto è il grado di confidenza) o al papà”.
“Mamma…e adesso?”. Scrivimi per raccontare la tua esperienza.
Elena Caracciolo – Sono giornalista pubblicista, freelance, mi occupo di comunicazione ed uffici stampa per privati, enti pubblici, aziende e associazioni di volontariato, dalla consulenza alla strategia, gestisco siti web e social e sono ideatrice di progetti rivolti a donne e mamme.
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